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LA VOCAZIONE: dono gratuito che apre alla gratuità... Decisione senza riserve alimentata nella preghiera

1 Articoli 2019

Caro lettore, quanto qui leggerai è stato già pubblicato qualche anno fa sulla rivista In cammino con San Gerardo, ...la celebrazione del recente Sinodo dei Vescovi su i giovani, la fede e il discernimento vocazionale ci ha però convinto a ripresentare in modo rinnovato alcune di quelle idee iniziali, a svilupparle e a corredarle di un ragionato apparato critico

 
(Sieger Köder‎, Emmaus)

“Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo ad ogni creatura"

A. Donato, C.Ss.R.

     Con la resurrezione, i discepoli del Cristo, sono "inviati" nel mondo a "continuare" la missione affidatagli dal Padre (Mc, 16,15). Anche oggi, come allora, il Risorto continua a chiamare uomini e donne alla stessa missione e il recente Sinodo dei Vescovi (3-28 ottobre 2018) su I giovani, la fede e la discernimento vocazionale ha voluto ricordarci questa essenziale e costitutiva realtà della vita e della vitalità della Chiesa, oltre a chiederci, come Sacerdoti e laici, uomini e donne, d'impegnarci a riflettere nuovamente e in modo rinnovato sulla vocazione e di pregare per la vocazione: comune chiamata alla santità (LG, nn. 39-40) e scelta specifica ed esistenziale per ogni singolo uomo che, in Cristo, è "invitato" a diventare persona (Ibid., n. 41). «Come la santità – si legge nel documento Nuove vocazioni per una nuova Europa – è per tutti i battezzati in Cristo, così esiste una vocazione specifica per ogni vivente; e come la prima è radicata nel Battesimo, così la seconda è connessa al semplice fatto d’esistere»[1]. Alla luce di quest'ultima affermazione è allora possibile giungere ad una conclusione, ovvero che non esiste uomo senza vocazione: sia essa "in Cristo" o "per la vita".
     Nell'ambito specifico della fede la vocazione «è il pensiero provvidente del Creatore sulla singola creatura, è la sua idea-progetto»[3] perché egli vuole tutti santi e ognuno secondo un proprio progetto personale di vita[4]. Certamente «agli occhi di molti la santità appare un miraggio lontano, irraggiungibile. Essa è, invece, una chiamata che riguarda tutti e consiste, per usare le parole di sant'Alfonso M. de Liguori, nel “seguitare il nostro divino Redentore”»[5]. Ogni uomo, creato a immagine di Dio (Gen, 1) e dunque «dotato d’intelligenza, di libero arbitrio, e di dominio sui propri atti»[6], vive e agisce realmente, cioè diventa uomo-persona e realizza in pienezza la sua vocazione, se permette a Dio – Padre, principio e fine, incontrato in Cristo – di diventare ragione della sua vita. Dio chiede ad ogni uomo, di realizzarsi in modo originale e libero in Lui quale immagine autentica del suo essere originante. Solo in Lui, si legge nella Sacra Scrittura, l’anima umana può trovare riposo (Sal 62,2); in Lui, l’uomo-immagine, può scorgere la propria identità personale che nel darsi dell’esistenza va esprimendo un aspetto particolare del pensiero di Dio[7].

La vocazione dono gratuito in sant’Alfonso

     Alfonso M. de Liguori, nei suoi scritti, sviluppa molto e in modo diversificato il tema della vocazione[8]. Al santo dottore, preme soprattutto evidenziare come questa realtà esistenziale (vocazione umana – ricerca di senso e di significato) esige sempre, in quanto dono di Grazia (vocazione in Cristo), una risposta: dono gratuito ricevuto, fin dalla creazione, non per merito ma per volontà di Dio-Amante, la vocazione è chiamata alla responsabilità che risuona nell'intimo dell’uomo come appello di realizzazione umana in Dio per mezzo del Figlio suo Gesù Cristo. «Se noi vogliamo accertare la salute eterna – afferma Alfonso – bisogna che seguiamo la divina vocazione, dove solamente ci apparecchia Iddio gli aiuti efficaci per salvarci»[9]
     Ad un giovane che chiede consiglio sulla vocazione, il santo napoletano scrive: «questo punto dell’elezione dello stato è sommamente importante, perché da esso dipende la salute eterna. Chi elegge lo stato a cui Iddio lo chiama, facilmente si salverà; e chi non ubbidisce alla divina vocazione, difficilmente, anzi sarà moralmente impossibile che si salvi»[10]. Con le sue parole, sant'Alfonso non intende incutere nel giovane il terrore della dannazione eterna[11]. Più semplicemente desidera indicare la strada e la meta della vita dell’uomo (la santità) nonché i mezzi per raggiungerla (una vita virtuosa). «L’anima è eterna», adduce come motivazione sant'Alfonso, «è creata solo per Dio, per amarlo in questa vita e goderlo nell'altra» e «l’unico fine per cui Dio l’ha posto in questo mondo […] è quello di meritarsi la vita eterna con le sante virtù: avete per fine la vita eterna (Rm 6,22). Nel giorno del giudizio a nulla vi gioverà l’avere avanzata la casa e l’aver fatta la vostra figura nel mondo; solo vi gioverà l’aver servito ed amato Gesù Cristo che vi ha da giudicare»[12]
     Rispondere ad una chiamata cosi esigente come quella propria dello stato religioso richiede certamente un impegno della volontà (elezione dello stato) che coinvolge tutta la persona ma necessita anche di aiuti che vanno al di là delle umane possibilità (doni di Grazia). Aiuti che Dio prepara e senza i quali è più difficile, dice sant'Alfonso, farsi santo[13]: «Se Iddio si degna di concedervi la grazia della vocazione, state attento a conservarvela con raccomandarvi spesso a Gesù e a Maria con le sante preghiere; e sappiate che se risolvete di darvi tutto a Dio, il demonio da qui in avanti accrescerà i suoi sforzi in tentarvi per farvi cadere in peccato, e specialmente per farvi perdere la vocazione»[14]I rumori e disturbi del mondo rendono difficilissimo, per non dire impossibile, ascoltare la voce di Dio, per questo, afferma il santo dottore, tali aiuti sono necessari quali mezzi per incamminarsi e rimanere sulla strada della santità[15]. Tra questi, un ruolo fondamentale ha il gran mezzo della preghiera[16] perché – scrive il santo nel Regolamento di vita di un cristiano – «è certo che senza il divino aiuto non possiamo fare niente di bene per l’anima».

La preghiera ci fa comunicare con Dio e ci dispone a fare la sua volontà

     La preghiera "continua", "amorosa" e "fiduciosa", come indicato nel Vangelo[17], deve sempre accompagnare, illuminare e sorreggere il cammino del cristiano. Lo stesso sant'Alfonso sperimenta nella propria vita e soprattutto nel contatto pastorale con gli umili dei quartieri poveri di Napoli, quanto la preghiera renda possibile non solo la conversione del cuore ma anche il proposito nell'uomo d’incamminarsi verso la santità e d’impegnarsi a testimoniarla nel quotidiano: dono di grazia la preghiera aiuta e sostiene ogni persona nel proprio proposito di cambiar vita e di operare nella vigna del Signore[18].
     Caratteristica essenziale della preghiera alfonsiana è la "popolarità". Cioè la capacità di essere concreta; di farsi carico dell’essenzialità della gente. Una preghiera capace di esprimere, mediante l’invocazione fiduciosa, l’acuto senso di povertà e di bisogno presente nell'uomo da cui scaturiscono l’impegno coraggioso e il proposito di cambiar vita. Le nostre esistenze, quotidianamente, sono esposte alla debolezza della fragilità umana, che è conseguenza del peccato. Tale consapevolezza fa emergere, in noi, il necessario ricorso al sostegno della grazia divina che si realizza nella preghiera. Essa rappresenta per l’uomo, «la possibilità di non arrendersi a questo duro limite, frutto del peccato che domina la storia fin dall'inizio, ma di trasformarlo in speranza»[19]La preghiera è dunque necessaria e fondamentale per la vita di grazia. Difficilmente – dice sant'Alfonso – l’anima in assenza della preghiera vive per molto tempo in grazia di Dio[20]La preghiera umile, confidente e soprattutto perseverante è una necessità per l’uomo. «Non bastano i lumi da noi ricevuti e le considerazioni e propositi da noi fatti, di più vi bisogna l’attuale aiuto di Dio; e il Signore questo aiuto attuale... non lo concede se non a chi prega e perseverantemente prega»[21]La preghiera è dunque un mezzo di santificazione comune a tutti gli uomini.

L’immagine paterna di Dio

L’intrattenersi quotidianamente nella preghiera aiuta gradualmente a “conversare alla familiare con Dio” cioè a parlargli a tu per tu come all'amico più caro, così come un bambino parla con la sua mamma[22]. È sbagliato pensare, dice sant'Alfonso, che parlare con Dio con grande confidenza e familiarità sia una mancanza di rispetto verso la sua maestà infinita. Egli è certamente grande e onnipotente ma è anche infinitamente buono e ama come un Padre.
     Per rafforzare in noi quest’immagine paterna di Dio e per far maturare sempre più la nostra confidenza in lui, è necessario far continuamente memoria di quanto egli ha operato nella nostra vita. Il ricordo della sua azione misericordiosa verso di noi è una prova sicura del suo amore di Padre. Ma la prova più grande di quest’amore infinito di Dio per l’uomo è il dono che Egli ci ha fatto in Gesù Cristo, nella sua incarnazione, passione, morte e resurrezione. Tale dono da fondamento alla certezza che Dio ci donerà ogni cosa avendo già Egli consegnato il proprio Figlio per tutti noi (cf. Rm 8,32). 
     Meditare e approfondire questo mistero nella preghiera aiuta ciascuno di noi a maturare nella parte più profonda di sé un sentimento vero di riconoscenza (memoria grata) capace di originare una decisione di vita nuova retta dall'amore e fondata sulla certezza della grazia. In questo modo la preghiera, incontra la vita. La nostra volontà tende a uniformarsi con la volontà di Dio e il suo desiderio di santità per ogni uomo.

Vita e preghiera

In questa vita noi sperimentiamo quotidianamente la necessità di un orientamento, di una guida al fine di non cedere al fascino e al ricatto del «così fan tutti» e di compiere scelte sane capaci di renderci realmente felici[23]. Nella preghiera, in questo dialogo confidenziale con Dio, possiamo trovare il coraggio necessario all'ascolto più profondo della nostra coscienza: darle voce significa concederle la possibilità di porsi come eco della voce liberante di Dio. Una voce che non solo ci dirà ciò che dobbiamo operare, ma ci ricorderà con forza che in Cristo ci è già stata anticipata anche la forza per operarlo con quella coerenza creativa che oggi è tanto indispensabile per la vita morale. 
     Andando sempre alla concretezza della vita, affinché si realizzi questo costante «conversare» con Dio, sono indispensabili dei momenti più intensi e più specifici di preghiera. Naturalmente tale impegno di preghiera deve essere portato avanti senza tralasciare le occupazioni quotidiane. È importante comportarsi con Dio cosi come ci si comporta con coloro che ci amano e che amiamo[24]E bene quindi, come suggerisce sant'Alfonso collocare soprattutto all'inizio e alla fine della giornata questi particolari momenti d’incontro con il Signore senza lasciarci bloccare dalla difficoltà di trovare il tempo. Se siamo convinti della necessità della preghiera, possiamo allora riuscire ad "inventare" il tempo per essa, recuperando quello che rischiamo di sciupare. Occorre allora impegnarsi a rimanere uniti a Dio affinché la preghiera animi quotidianamente la nostra vita e contribuisca ad alluminare il cammino della comunità cristiana in cui viviamo e operiamo.




[2] PONTIFICIA OPERA PER LE VOCAZIONI ECCLESIASTICHENuove vocazioni per una nuova Europa, Roma 1997, n. 13.
[3] Ibid.
[4] Nella Pratica di Amar Gesù Cristo, il de Liguori scrive: «Iddio vuol tutti santi, ed ognuno nello stato suo, il religioso da religioso, il secolare da secolare, il sacerdote da sacerdote, il maritato da maritato, il mercadante da mercadante, il soldato da soldato, e così parlando d’ogni altro stato» (A.M. de LiguoriPratica di amar Gesù Cristo, in Opere Ascetiche, I, Roma 1933, 79).
[5] A.V. Amarante – A. DonatoDire sì alla vocazione, Materdomini 2012, 5. «Il fondatore della Congregazione del Santissimo Redentore “intuisce” ciò che il Concilio Vaticano II dichiara nel capitolo V della Costituzione dogmatica Lumen Gentium: "Tutti i fedeli di qualsiasi stato o grado sono chiamati alla pienezza della vita cristiana e alla perfezione della carità e tale santità promuove nella stessa società terrena un tenore di vita più umano" (n. 40). La vocazione alla santità riguarda tutti gli uomini e chiama all'appello tutte le sue dimensioni: l’essere, l’agire, il fare e l’operare. Da ciò si comprende con chiarezza che “Santo” è colui che permette a Dio di diventare la sua unica ragione di vita. “Santo” è colui che risponde generosamente e liberamente ai bisogni dell’Amore. “Santo” è colui che orienta e progetta ogni istante della propria esistenza a vantaggio degli altri. Il “Santo” in poche parole è colui che dice di sì alla Vocazione» (Ibid., 6).
[6] Cf. Summa Teologica, Proemio I-II.
[7] Cf. Nuove vocazioni per una nuova Europa, n. 13.
[8] La vocazione, come il sacerdozio, è tema molto caro al santo dottore. Intorno a questo tema ruotano tre brevi scritti di sant’Alfonso presentati nella collana "Pagine di Formazione Cristiana": Risposta ad un giovane che domanda consiglio circa lo stato di vita che deve eleggere (1771); Avvisi spettanti alla vocazione religiosa (1749); Della vocazione al sacerdozio, tratto quest’ultimo, dalla prima parte della Selva di materie predicabili ed istruttive (1760). A questi testi seguono altri scritti sulla vocazione. Nel 1771, Alfonso pubblica in calce ai Sermoni compendiati Discorsi Sacri: Considerazioni per coloro che sono chiamati allo Stato Religioso Conforto a’ Novizi per la perseveranza nella loro Vocazione. Allo stesso periodo letterario appartiene anche la Lettera a un giovane, che sta deliberando sopra l’elezione dello stato. Anteriore agli Avvisi, e di indole prettamente ascetica è invece Riflessioni utili ai vescovi (1745); cf. A.V. Amarante – A. DonatoDire sì alla vocazione.
[9] A.M. de Liguori, Avvisi spettanti alla vocazione religiosa, in Opere, IV, Torino 1887, 396.
[10] Risposta ad un giovane che domanda consiglio circa lo stato di vita che deve eleggere, in Opere, IV, Torino 1887, 447-450.
[11] Nella predicazione missionaria del Settecento il timore gioca un ruolo di primo piano. È visto come indispensabile per aprire alla conversione popolazioni rese “dure” dall'abitudine al peccato. Alfonso, pur scegliendo come proprio mondo quello degli abbandonati delle campagne, ritiene che l’annuncio deve mettere al centro l’amore. La centralità della carità è da lui difesa in tutta la pastorale. Nel Foglietto, in cui, verso il 1768, il santo sintetizza gli elementi fondamentali della sua strategia missionaria, si legge: «Nelle missioni ordinariamente non si parla d’altro che de’ quattro novissimi e d’altre materie di spavento, e da taluni poco si tratta, se non di passaggio, dell’amore che Iddio ci porta e dell’obbligo che abbiamo di amarlo. Chi nega che le prediche di terrore giovano, anzi son necessarie per isvegliare quei peccatori che dormono nel peccato; ma bisogna persuadersi che le conversioni fatte per lo solo timore de’ castighi divini son di poca durata; durano solamente per quanto dura la forza di quel timore conceputo; ma allorché il timore manca all'anima rimasta debole per li peccati commessi, ad ogni nuovo urto di tentazione facilmente ritornerà a cadere... L’impegno principale del predicatore nella missione ha da esser questo, di lasciare in ogni predica che fa i suoi uditori infiammati del santo amore» (n. 1). Perciò le tematiche che non devono mai mancare nella predicazione missionaria, vengono ricondotte a «l’amore verso Gesù crocifisso», «la divozione verso la sua divina Madre», «la necessità di pregare per salvarsi», «la fuga delle occasioni cattive», «la rovina di quelle anime che per rossore lasciano di confessare i propri peccati»; cf. S. MajoranoLa vita morale come “pratica” della carità, dispensa ad uso degli studenti, Roma 2012; cf. A.M. de LiguoriSelva di materie predicabili ed istruttive, in Opere, III, Torino 1887, 288.
[12] Ibid.
[13] «Vi dice il pensiero che anche restando nel secolo potreste farvi santo. Sì signore, potreste, ma è difficile; e se voi siete stato veramente chiamato da Dio allo stato religioso, e volete restare nel secolo, come di sopra ho detto, è moralmente impossibile; perché vi mancheranno quegli aiuti che Dio vi aveva preparati nella vita religiosa, e privo di quelli non vi salverete» (Ibid.).
[14] Ibid.
[15] Cf. Ibid. Nella Pratica del confessore «parlando poi de’ rimedi da insinuarsi a’ penitenti» sant'Alfonso scrive, «altri sono generali, altri particolari per qualche particolar vizio». Nel Regolamento di vita di un cristiano inserito nella parte terza de La via della salute (1766) i «rimedi generali» vengono presentati come fondamentali «mezzi per conservarsi in grazia di Dio». Volendo riassumere le affermazioni fondamentali del primo capitolo del Regolamento salta immediatamente all'attenzione il richiamo alla responsabilità: «Bisogna persuadersi che per conseguire la salute eterna non basta il voler salvarsi, ma bisogna prendere i mezzi, che ci ha lasciati Gesù Cristo. Altrimenti, se cadiamo ne’ peccati, non ci gioverà la scusa nel giorno del giudizio che le tentazioni sono state grandi, e noi eravamo deboli; perché Dio ci ha dati i mezzi per vincere colla sua grazia tutti gli assalti de’ nemici; se poi non vogliamo avvalercene e restiamo vinti, la colpa è nostra. Tutti vorrebbero salvarsi, ma perché trascurano di adoperare i mezzi della salute, peccano e si perdono». Il de Liguori, continuando descrive i mezzi più importanti e alla portata di tutti; ne diamo un veloce elenco: Il primo mezzo è di fuggir l’occasione; il secondo è l’orazione mentale e la lezione spirituale; il terzo mezzo è la frequenza de’ sagramenti della confessione e comunione; il quarto mezzo è di sentir la Messa ogni mattina; il quinto mezzo è di far la visita ogni giorno al SS. Sagramento in qualche chiesa, ed alla divina Madre in qualche immagine divota; il sesto mezzo, che sopra tutto vi raccomando di mettere in pratica, è la santa preghiera; cf. S. MajoranoLa vita morale come “pratica” della carità, 51.
[16] «Per farsi santo bisogna che adoperi i mezzi, la lontananza dalle occasioni cattive, il distacco dai beni terreni, la vita raccolta con Dio: per mantener la quale è necessario poi la frequenza dei sacramenti e l’uso quotidiano dell’orazione mentale, della lezione spirituale e di altri esercizi devoti, senza cui non può conservarsi lo spirito» (Ibid.).
[17] «In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi» (Lc 18,1-8).
[18] Cf. A.M. de LiguoriDel gran mezzo della preghiera, in Opere ascetiche, 2, Roma 1962, 4.
[19] S. MajoranoEssere Chiesa con gli abbandonati, Materdomini 1997, 99 e ss.
[20] A.M. de Liguori, Regolamento di vita d’un cristiano, in Opere ascetiche, 10, Roma 1968, 277-278; 280.
[21] Cf. S. MajoranoEssere Chiesa con gli abbandonati.
[22] Cf. A.M. de Liguori, Modo di conversare continuamente ed alla familiare con Dio, in Opere ascetiche, 1, Roma 1933, 313-334.
[23] Cf. S. MajoranoEssere Chiesa con gli abbandonati.
[24] Cf. Ibid.

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